In questo piccolo spazio del nostro sito vogliamo inserire alcune citazioni di grandi uomini che hanno lasciato nell’alpinismo un’impronta indelebile.
[…]Chris mi abbracciò e disse: “Ottimo lavoro, Erik, ma nell’ultima ora sei andato più lento della mia vecchia nonna defunta”. Malgrado la stanchezza sorrisi, perchè avevo imparato molto tempo prima che, per un alpinista, gli insultui sono la più grande forma di rispetto e ammirazione.[…] […]Dal mio punto di vista, la vetta dell’Aconcagua non offriva alcuno spettacolo mozzafiato, nessuno scenario sbalorditivo con il mondo che si spalancava sotto i miei piedi. Per me, era solo un caotico mucchio di pietre con una fredda croce di metallo che si innalzava al centro. Ma una vetta è molto di più di un panorama. Sarò forse prevenuto, ma quando la gente dice che scala le montagne per il panorama non ci credo. Nessuno si sottopone a un simile calvario per un bel panorama. Una vetta non è solamente un posto su una montagna. La vetta esiste nei nostri cuori e nelle nostre menti. E’ un frammento di un sogno che si avvera, la prova inconfutabile che la nostra vita ha un senso. La vetta è un simbolo, la dimostrazione che con la forza della nostra volontà, delle nostre gambe, della nostra schiena e delle nostre mani, possiamo trasformare le nostre vite in ciò che vogliamo.[…] Erik Weienmayer da “In vetta ad occhi chiusi” |
Sono uscito pochi mesi fa da uno dei corsi tenuti dal CAI del mio paese e l’altro venerdì sera sono andato in sezione a ritirare il diploma e la medaglia. Vorrei scrivere alcune sensazioni che ho provato durante il corso, in modo che se qualcuno avrà l’occasione di leggere queste mie righe e, come me, ha sempre avuto timore d’iscriversi, abbia l’incentivo per fare questo importantissimo primo passo. Anch’io ho tentennato molto prima di iscrivermi al corso; si sa che entrare in un ambiente di gente nuova provoca timori e ad essere sincero, all’inizio ho trovato qualche difficoltà a stabilire contatti, soprattutto per i caratteri apparentemente rudi degli alpinisti. Ho scoperto poi che questa è solo un’apparenza esterna, naturalmente non voluta; anzi è quasi inevitabile per gente che ha vissuto, grazie al proprio spirito di abnegazione e all’amore per la montagna, momenti piacevoli, ma soprattutto fatiche, freddi intensi, bufere e tempeste, e chissà, forse paure, in un ambiente senza retorica, oserei definire eroico. E’ così che, dopo questo primo impatto e dopo aver imparato a conoscerli e ad apprezzarli nei loro caratteri forti e sinceri, di gente temprata, mi sono deciso a frequentare il corso, che si è svolto in cinque lezioni di roccia e tre di ghiaccio, integrate da lezioni teoriche fatte il venerdì sera. Queste lezioni apparentemente noiose, mi son sembrate a dir poco indispensabili. Con che coraggio si può ritenere noiosa ad esempio la lezione dell’istruttore Siringhi, medico appassionato di montagna, che in due ora ha saputo trasmetterci tutta la sua esperienza su come trattare ferite ed ematomi, gambe rotte, anemie e colpi di sole. Con che coraggio ritenere noiose le precisissime lezioni dell’istruttore Bussola sull’orientamento, o quelle di Slippotti sull’abbigliamento, che deve essere ragionevolmente pesante ed abbondante, poiché il tempo in montagna non chiede niente a nessuno e quando diventa brutto può essere fatale non sufficientemente attrezzati. Ricordo con piacere le sere passate nei rifugi, dove tutti ci si sente fratelli, perché tutti siamo uguali; dove uno scambio di viveri ed un sorso di vino offerto, può essere il più bel regalo mai ricevuto nella tua vita. Ricordo i cori, le canzoni lente e tristi che narrano della montagna, la sua vita, la sua morte. Le mamme con le lacrime agli occhi, le fidanzate che aspetteranno invano, la neve, il gelo, la crudeltà e la bellezza della montagna. Quante canzoni, quanti cori, penso di aver delle profonde motivazioni nel mio essere qui con gli altri a cantare, a vivere. Al ricordo, un brivido mi corre lungo la schiena. Il corso finisce, ci si sente un po’ malinconici quando una bella esperienza umana sta per finire. Il nostro per fortuna non è però un addio, sappiamo che la collaborazione dei nostri istruttori non ci mancherà mai e chissà se un giorno forse lontano, anche noi potremo essere come loro, chissà, magari assieme a formare una bellissima cordata. Comunque è giusto per ora distaccarsi un momento, è giusto che loro vadano a realizzare quelle imprese che un giorno forse saranno nostre. Penso al buonissimo Bernasconi, l’istruttore che aveva tenuto la lezione di meteorologia, spero tanto che questa volta gli vada bene sullo spigolo nord del Pizzo Badile e non si costretto a ritornare per quel fastidiosissimo mal di testa che lo ha già colto ben tre volte all’attacco della via […]. Paolo Masa da “Lo scarpone”, 1 ottobre 1979 |
“Così è fatto l’animo dell’alpinista: più tempo passa lontano dai monti più lo punge il desiderio di ritornarvi, e con maggiore nostalgia rievoca le emozioni di certi momenti grandiosi vissuti sulla parete, conquistando palmo a palmo il terreno, vivendo sempre nell’incertezza delle ulteriori difficoltà d’affrontare. Bello e intenso è il vivere, quando, legati ad una corda, aggrappati ad un appiglio, appesi ad un chiodo, si combatte la battaglia con il monte. Bello e intenso è il vivere, e le più belle ore di vita sono appunto quelle in cui essa è in pericolo: solo allora ne misuriamo il giusto valore. Si dirà che queste parole suonano assurde. No. Al contrario. Così s’impara a vivere, si rafforza lo spirito ed il corpo, e con la stessa tranquillità con la quale si esamina la parete da scalare, si affronteranno poi tutti i disagi della vita. Dunque la nostra lotta non è un assurdo, non è un rischio inutile: è un’alta scuola, che tempra il carattere dell’uomo.” Emilio Comici da “Alpinismo Eroico” |
Esistono due categorie di persone: quelle che arrampicano e quelle che non arrampicano… e le seconde rubano l’aria alle prime. Patrick Bérhault |
Una sera andai alla cena di chiusura del corso d’alpinismo, in una località fuori Genova. Normalmente dopo le prime portate diventavo un altro: con l’aiuto di qualche bicchiere di vino riuscivo a dimenticare il mio umore, aumentava la mia loquacità, e con essa le battute, le risate, gli scherzi. Era sempre stato così, e anche se non vi ricorrevo spesso, era il mezzo più comodo che avessi per avere un po’ di pace. Alessandro Gogna da “Il nuovo mattino” |
«Fra le gioie più pure che mi danno questi viaggi (…) anche se gravati da disagi, da ansie, da rischi, da pericoli, sono quelle ore di serena meditazione che mi concedono le solitudini (…). Ed è così che al ritorno nella vita cosiddetta civile… provo ogni volta un senso di sgomento, un senso di disagio e vorrei scappare, vorrei correre via subito lontano, lontano, vorrei tornare fra gente semplice, umile e primitiva, ma soprattutto vorrei tornare dove non c’è nessuno, dove ci si trova soli di fronte a sé stessi e a Dio» Ardito Desio da “La conquista del K2” |
Die frau ist der ruin des Alpinismus La donna è la rovina dell’Alpinismo Paul Preuss |
Dietro il sogno si sale, senza sogni si cade Giusto Gervasutti |
“E oggi? Devi ammettere che la società ti ha catturato, fai parte del sistema, partecipi alla comune corsa per il denaro, paghi le tasse e ti lamenti, sei come tutti gli altri. Ancora non ti è chiaro qual’è il il fine di tutto questo, e ti rendi conto che gli anni più felici li hai vissuti quando facevi cose senza alcuno scopo. Oggi i tuoi tentativi di andare contro corrente stanno diventando sempre più rari e deboli, hai imparato a nascondere il tuo spirito ribelle e a tirarlo fuori solo quando fa comodo. In questi tempi perfino le casalinghe si allenano più di te, essere forti e magri è diventato fastidiosamente di moda e non ti rimane altra risposta che farti crescere una bella pancia e cogliere quest’occasione per dichiarare che il tuo attrezzo sportivo preferito è il divano. E nello stesso momento ti accorgi che hai finalmente smesso di essere idealista.” Heinz Mariacher |
Il più grande alpinista al mondo è colui che si diverte di più. Alex Lowe |
“D’altra parte anche le fantastiche montagne senza gli uomini, grandi o piccoli che siano, rimangono mute, inerti, senza senso. Ecco, sono proprio loro, gli uomini con la loro umanità a dare un’anima ai vertici emergenti di roccia e ghiaccio su quali rincorrere i propri sogni e le proprie ambizioni. Cercare le proprie certezze. L’alpinismo come mezzo di promozione umana”. Armando Aste |
Il professionista è quello che sa trasmettere emozioni, dubbi, una condizione che va oltre i gradi tecnici. E’ colui che sa trasmettere i valori belli dell’andare in montagna. E certe emozioni sono universali, sono condivisibili da tutti, a prescindere dal livello tecnico che ognuno possiede. Pietro Dal Prà |
Quello che conta veramente nella vita dell’uomo alpinista e che non risente dell’evoluzione dei mezzi è lo stabilire un legame, essenzialmente di conoscenza, con la montagna. Ogni salita è un po’ una storia d’amore, breve o lunga, semplice o tormentata, che finisce lietamente o tristemente, ma dove il segreto della perfezione sembra stare sempre nel dimenticare se stessi. Giovanni Rossi da La rivista Mensile del CAI 1972 |
Il mio livello massimo è il quinto grado ed è in una salita di quarto e quinto grado che trovo il vero godimento dell’arrampicata. Nelle salite fatte con Manlio, infatti e ancor più con Bramani ho ritrovato il maggior godimento: salite condotte con lo spirito del 1929, con sicurezza assoluta, con perfetta padronanza della tecnica, che mi permetteva di sentirmi completamente a mio agio in qualsiasi passaggio. Solo così si gode l’arrampicata, e questa è fine a se stessa. Fino al quinto grado si arrampica per il godimento di arrampicare: il sesto grado si fa per l’ambizione di superare quella determinata difficoltà. Il vero alpinismo si arresta al quinto grado: e al quinto grado si è arrestato il più grande alpinista Paul Preuss. Ettore Castiglioni da Il Giorno delle Mesules |
“La tua simpatia per l’amico si celi sotto una ruvida scorza, intorno alla quale tu devi logorare i tuoi denti. Così la tua simpatia acquisterà delicatezza e dolcezza”. Questa è la vera amicizia: questi sono i rapporti con Vitale e Celso. Ettore Castiglioni da Il Giorno delle Mesules |
Solo tra le montagne l’uomo è grande, franco e onesto: in città anche i migliori individui non sanno difendersi dalle false ideologie borghesi, dall’ipocrisia e dalla corruzione. Ettore Castiglioni da Il Giorno delle Mesules |
Non è nel passato ch’io ho mai ritrovato la mia vita, ma nell’avvenire; ogni volta che ho guardato dietro di me, è stato solo smarrimento; la mia vita si svolge troppo rapida e troppo intensa, perché io possa ritrovarla nel ieri. Solo davanti a me è la luce. Ettore Castiglioni da Il Giorno delle Mesules |
Non si può amare senza conoscere, ma non si può veramente conoscere se non per forza dell’amore. Ettore Castiglioni da Il Giorno delle Mesules |
Pur non trovando mai sulla croda il limite alle mie possibilità, tuttavia ancora non avevo piena fiducia in me e sempre arrampicavo con la coscienza di aver dietro di me Bruno (Detassis n.d.r.) con un riserva di illumitate possibilità, e a lui lasciavo le maggiori difficoltà: così sulla Torre del Feruc, così sul Campanile d’Ostio. Ma frattanto imparavo ad osare. Sulla Cima d’Oltro Bruno era un po’ sofferente e mi ritrovai quasi sorpreso di dover assumermi io tutta la responsabilità dell’ascensione, e allora riconobbi che potevo ormai bastare a me stesso e che quell’appoggiarmi a Bruno era solo vigliaccheria o incertezza ingiustificata e il giorno dopo sulla Pala del Rifugio, ritrovai tutto me stesso e tutto il mio spirito di conquista. Ormai l’ascensione era divenuta tutta mia. Mi libravo solo e libero su per quelle pareti verticali, sfilando i 40 metri di corda che pendeva ondeggiando nel vuoto: vedevo 700 Mt., sotto i miei piedi il tetto del rifugio e salivo con potenza per quello spigolo aereo, solidamente appiglinadomi a quella roccia solidissima, tutto lanciato verso l’alto in un inno di luce. Ettore Castiglioni da Il Giorno delle Mesules |
Celso diceva che l’essenza dell’alpinismo è il rischio: io non potevo condividere questo suo detto, mi pareva abbassare l’amore per la montagna ad un gioco pazzesco o assurdo, ma forse avevo mal compreso la sua asserzione che in fondo non è lontana dalla mia: l’essenza dell’alpinismo consiste nella conquista metro per metro della propria vita. Dunque in fondo è rischio: ma il rischio non è fine a se stesso, bensì solo la premessa necessaria alla conquista. Ettore Castiglioni da Il Giorno delle Mesules |
(Parlando dei vari tentativi in Marmolada – n.d.r.) Ma capisco che ora non è più il sentimento di lotta e di conquista che mi sospinge, ma un sentimento di amore. Forse lo spirito di conquista mi avrebbe spinto ancora verso l’alto, malgrado il mio sfinimento fisico: ma quando ho snetito che cominciavo a salire coi chiodi per non essere più capace d’arrampicare, ho sentito che così non era possibile l’amore. E son ritornato, per risalire un’altra volta. Amore per questa roccia formidabile, che mi ha già dato quattro giorni e due notti di gioia, come nessun’altra montagna mi ha dato. Non ho desiderio di conquistarla, ma desideriodi conoscerla metro per metro in ogni suo segreto, per più poterla amare. Forse quando sarò arrivato in vetta, sarò felice per un momento, ma mi sembrerà che mi manchi qualche cosa, dopo averla tutta conosciuta. Come una donna, a cui si sia tolto anche l’ultimo velo, di cui non ci sia più nulla da scoprire: dopo l’attimo di ebbrezza, si rimane freddi. Perchè l’amore è soprattutto desiderio. Amo quella parete perchè ha saputo negarmisi già tante volte, unica tra le mie innumeri e forse troppo facili vittorie: ed è bene che questa brama resti insaziata, per acuire fino allo spasimo la mia felicità. Ettore Castiglioni da Il Giorno delle Mesules |
L’uomo più forte non è colui che sa dominare il mondo, ma colui che sa dominare se stesso. Ettore Castiglioni da Il Giorno delle Mesules |
Dicono ch’io odio le donne: ma davvero, all’infuori di quelle carnali, bisogna proprio dire che ben poche soddisfazioni io abbia avuto da loro; anzi sembra che facciano del loro meglio per farsi odiare, anche quando io avrei tutte le buone disposizioni per amarle. All’infuori di una naturalmente; ma anche quella forse l’ho potuta amare, perchè era già maritata. Ed è stata una fortuna che lo fosse! Ettore Castiglioni da Il Giorno delle Mesules |
“Gli anni passati in Patagonia passano tanto presto, che ci si ritrova ad averne molti dietro le spalle senza che ci si sia accorti del loro trascorrere. Forse perché qui l’uomo ritrova la sua vera vita, che è bastare a se stesso, che è la solidarietà col prossimo nella lotta contro la Natura avversa e scatenata, e non lotta col prossimo e distruzione di ogni bene e ideale umano; che è soprattutto verità e amore e non ipocrisia e odio.” Martin Bierg |
Se vuoi costruire una nave, non radunare gli uomini per raccogliere il legno e distribuire i compiti, ma insegna loro la nostalgia del mare ampio ed infinito. Antoine De Saint Exupery |
“L’alpinista? Un inquieto inguaribile: si continua a salire e non si raggiunge mai la meta. Forse è anche questo che affascina: si è alla ricerca di qualcosa che non si trova mai.” Herman Buhl |
“Si rimprovera spesso all’alpinista temerario di spingere troppo il là il suo gioco. Ma un uomo estraneo a tale gioco, può forse comprendere ciò che esso significa per l’alpinista?” Le parole di Solleder ci ricordano quelle di Mummery ed anche quelle di un grandissimo poeta che sono nella fantasia scalò la montagna… del purgatorio: “Intendere non può chi non lo prova”. Gian Piero Motti da La storia dell’alpinismo |
“1 Non bisogna essere soltanto all’altezza delle difficoltà che si affrontano, ma bisogna essere nettamente superiori ad esse. 2 La misura delle difficoltà che uno scalatore può con sicurezza in discesa senza l’uso della corda e con animo tranquillo deve rappresentare il limite massimo delle difficoltà che egli può affrontare in salita. 3 L’impegno dei mezzi artificiali è giustificato soltanto in caso di pericolo. 4 Il chiodo da roccia è una riserva per casi di necessità, ma non deve essere il fondamento di una particolare tecnica. 5 La corda può essere una facilitazione ma non il mezzo indispensabile per effettuare una salita. 6 Su tutto deve dominare il principio della sicurezza, ma non l’assicurazione forzatamente ottenuta con mezzi artificiali in condizioni di evidente pericolo, bensì quell’assicurazione preventiva che per ogni alpinista si basa sul giusto apprezzamento delle proprie forze.” Paul Preuss |
In quegli anni, a Trento, chi arrampicava era il massimo e la domenica poteva saltar messa. Franco Giovannini |
Scala le montagne e ascolta la loro buona novella la pace e la natura scorrerà in te come la luce del sole scorre negli alberi I venti soffieranno in te la loro freschezza e le tempeste la loro energia mentre le preoccupazioni cadranno come foglie d’autunno… John Muir |
La montagna è fatta per tutti, non solo per gli alpinisti: per coloro che desiderano il riposo nella quieto come per coloro che cercano nella fatica un riposo ancora più forte. Guido Rey |
L’alpinismo è salire alla vetta per la via più facile, tutto il resto è acrobazia. Bruno Detassis |
La Montagna non smette mai di affascinarmi… Ogni qual volta mi reco nelle amate terre alte, queste mi regalano più emozioni di quante me ne aspetti, mi restituiscono più di quanta fatica faccio per scalarle, mi arricchiscono e mi crescono continuamente. Sono luoghi eterni, in cui tutto assume una dimensione amplificata per i miei sensi. Esplorando isolate e silenziose pareti, provo un’intensa sensazione di pace provocata dalla totale sintonia con ciò che mi circonda: intorno a me il vuoto, dentro di me tutto. Lo scorrere del tempo, che sempra non appartenere a questi luoghi, si manifesta con giochi di luci e riflessi che rendono mutevoli le cromature del paesaggio. E’ una cullante sensazione quella di essere immersi in un simile dipinto e mi ubriaca la consapevolezza di stare vivendo in quest’attimo, in questo posto. Improvvisamente mi sento invaso da un’ingiustificata ed infantile gioia, la mente si libera da tutto e mi lascio trasportare dell’egoistico istinto primordiale di scoprire, di scoprirsi. (E.A.) |
E vanno gli uomini a contemplare le cime dei monti, i vasti flutti del mare, le ampie correnti dei fiumi, l’immensità dell’oceano, il corso degli astri, e trascurano se stessi. Sant’Agostino da Confessioni |
Impossible by fair means Albert Frederick Mummery durante il tentativo di salita al Dente del Gigante |
Se vuol scendere di qui è meglio che si raccomandi l’anima non a Dio ma a Tita Piaz Tita Piaz ad un sacerdote in cima ad una vetta poco prima di un temporale |
L’impossibile in montagna è stato eliminato, ucciso dalle direttissime. Le pareti non vengono più vinte in arrampicata, bensì umiliate con lavoro manuale e metodico. L’impossibile è sgominato, il drago è morto avvelenato e Sigfrido è disoccupato. Calza gli scarponi e parti. Se hai un compagno, porta con te una corda, un paio di chiodi, ma nulla di più Reinhold Messner |
Devo tentare! Sopra c’è un piccolo appiglio, giusto per metterci le unghie. Se riesco a prenderlo non devo più tornare indietro, non devo mollare. Nella mia testa frullava un solo pensiero: salire… Reinhold Messner |
C’è un passaggio in libera eccezionalmente difficile (VII+) con un chiodo molto cattivo come unica sicurezza lontano sette metri, tanto che viene da pensare se Sustr, di appena 17 anni, non fosse del tutto a posto quando è passato per primo. Heinz Mariacher dopo aver ripeturo la via “Attraverso il Pesce” in Marmolada |
Voglio creare. Gesti. Per questo serve l’esatta percezione del corpo sulla parete. Maurizio Zanolla (Manolo) |
Sulla montagna sentiamo la gioia di vivere, la commozione di sentirsi buoni e il sollievo di dimenticare le miserie terrene. Tutto questo perchè siamo più vicini al cielo. Emilio Comici |
Raccontare, parlare, è molto difficile. E’ sempre duro arrivare così vicino all’essenza della vita e poi, dopo, ritornare indietro e sentirsi imprigionati nelle strettoie del linguaggio completamente inadeguato a tradurre in simboli i concetti della totalità dell’esperienza vissuta. Renato Casarotto in Oltre i venti del nord |
Utilizzando il titolo di un famoso libro di Erich Fromm, “Avere o essere”, direi che ci sono alpinisti che usano la montagna per ‘avere qualcosa’, un elenco di salite da mostrare, una posizione sociale migliore, soldi… altri che, e Ben [Laritti n.d.r.] credo sia fra questi, attraverso le forti esperienze che la montagna offre, riescono a crescere, a cambiare il loro modo di essere sia sulle rocce che al piano. Ruggero Meles in Ben Laritti, Storia di una meteora |
Twenty years from now you will be more disappointed by the things you didn’t do than by the ones you did do. So throw off the bowlines. Sail away from the safe harbor. Catch the trade winds in your sails. Explore. Dream. Discover. Anonimo. |
EQUILIBRI Perennemente in bilico, sul filo della vita i fatti che accadono si susseguono imprevedibili, non ti lasciano il tempo di pensare, il fare e l’agire scandiscono il tempo di questo tango, e noi sempre alla ricerca di nuovi… … equilibri… … forse precari. Ma voi… verticali, slanciate come lingue di fuoco pietrificate, mettete a nudo i miei timori, inconfondibile specchio della mia anima, su di voi continua a cercare rigenerati equilibri del mio io faccia a faccia con le mie paure, su di voi ritrovo quella dimensione interiore che movimento dopo movimento mi fa riprendere il ritrmo della danza, voi incalzate il ritmo, ma io non mollo ritrovo momenti di lucidità, apparizioni improvvise d’infinito, ritrovo me stesso e ora so dove attingere la forza, per ristabilire l’equilibrio sul filo della vita. Carlo Piovan, Diari Privati – 2006 |
I monti sono maestri muti e fanno discepoli silenziosi. J. W. Goethe |
Se potessi vivere di nuovo la mia vita nella prossima cercherei di commettere più errori… … correrei più rischi, farei più viaggi, contemprerei più tramonti, salirei più montagne, nuoterei in più fiumi…” Jorge Luis Borges |
Posso spiegare ad altri le difficoltà e la tecnica dell’arrampicamento,posso descrivere minuziosamente una via, ma a tutt’oggi non so spiegare il significato di una scalata: posso soltanto dipingerlo come qualcosa di mistico, e quindi di indescrivibile. Quel giorno seppi che l’arrampicata era diventata per me non soltanto una passione ma, dopo il controllo del panico, un modo di vita. Mario Salvadori in “Addio alle crode” |
Questi sono attimi indimenticabili, che neanche la vecchiaia riesce a cancellare dalla nostra memoria, sono momenti che fanno dimenticare tutti gli sforzi, tutte le situazioni più disperate appena vissute, e fanno correre il pensiero verso nuove mete più belle, ognuna delle quali racchiude questo suo momento. E’ una cosa che non si può spiegare, che non si riesce a rendere reale nella sua grandezza per coloro che, succubi della vita mondana, delle ben misere soddisfazioni che essa offre, chiedono a noi ‘uomini della montagna’ per quale prezzo mettiamo a rischio la nostra vita. La vita si apprezza solo quando si soffre; noi non siamo quei pazzi che credono, che non attribuiamo alla vita nessun valore! Danno forse maggior valore alla vita coloro che muoiono applauditi in un autodromo, o sotto gli effetti vigliacchi della droga? Perchè si ha compassione di uno che pone un fine alla sua esistenza sbandierano a centocinquanta chilometri all’ora contro il guardrail di qualche strada, e si calunnia e si fanno ingiuste considerazioni contro quell’anormale che muore nel perseguire i suoi ideali nell’ambiente a lui più caro? Per noi la montagna è una droga che non uccide: o meglio uccide solo coloro che non sanno calcolare gli effetti, coloro che fanno di essa, come per tutte le cose, una moda. Ernesto Lomasti |
Salire da soli è la vetta dell’alpinismo perchè è la metafora più bella dell’uomo odisseico; perchè è segno di rassegnazione profonda e di sconfinata fiducia nel destino. C’è dolore in chi arrampica da solo, ma c’è anche una ricompensa che bisogna imparare ad amare: la serenità. All’arrampicata solitaria bisogna tuttavia arrivarci per bisogno: interiore o esteriore che sia, deve essere un bisogno vero. Nereo Zeper |
Uno dei traguardi che mi sono imposto negli ultimi anni è quello di nutrirmi con il pane del perdente, di mettere a frutto l’energia della sconfitta. Ci si sente di gran lunga più sereni e tranquilli. E soprattutto non manca mai il cibo. Mauro Corona |
L’onestà in montagna è la prima regola, essere disonestri significa imbrogliare se stessi, pena la vita. Ernesto Lomasti |
Ore, tante ore di freddo gelido, accovacciati su strette cenge, oppure appesi con le corde in parete. Il bivacco faceva allora parte d’una grande ascensione su roccia, proprio come un buon paio di scarpe fa parte dell’equipaggiamento d’un viandante. Reinhold Messner |
I piccoli sogni abitano dietro casa. I grandi viaggi finiranno quando non si avrà più il coraggio di sognarli. Matteo Rivadossi |
E’ inutile cercare di analizzare. Se andassimo in montagna per puro divertimento o per motivi estetici, perchè accanirci sulle vie più difficili nella stagione più dura? Perchè non ci accontentiamo di scalare pareti felicemente al di sotto delle nostre capacità, anzichè dannarci in storie d’orrore in cui, dal primo all’ultimo passo, l’esito è incerto? Perchè… sarebbe una palla. Che gusto ci sarebbe a far ciò che sai di poter fare? Meglio saggiare i limiti: è il solo modo per imparare a migliorare. Joe Simpson |
D. Ernesto, in conclusione, perchè lo fai? R. Beh, questa è una domanda difficile proprio perchè è la tipica domanda che mi viene rivolta da chi non va in montagna e vuole avere qualche spiegazione riguardo alla mia attività. L’alpinismo, come ogni altro sport, è una passione ma questa a volte è un po’ criticata, contestata… La prima cosa che dice la gente, soprattutto quando accadono delle disgrazie, è ‘perchè rischiate tanto visto che in fondo in tasca non vi viene niente?’ La risposta va data chiaramente: l’alpinismo è l’unico sport che, a parte il caso delle guide alpine, non viene praticato a livello professionistico. Tutte le fatiche e le sofferenze che uno sopporta vengono ricompensate soltanto dalla soddisfazione della salita. Purtroppo, essendo la vita di oggi basata, quasi monopolizzata dal denaro, questo è un concetto che tanti non riescono a capire e che io ribadisco: La montagna, indipendentemente dal livello con cui uno si impegna, può regalare soddisfazioni che nemmeno il denaro può dare. Ernesto Lomasti durante un’intervista a Radio Gamma di Tarvisio durante il natale del 1978 |
Una mattina di marzo, nel rispondere al telefono Luciana (mamma di Ernesto Lomasti n.d.r.) trova all’altro capo il comandante della Scuola Militare Alpina in persona. Dopo essersi già vista il figlio in prigione, in quei pochi attimi di smarrimento prova ad immaginare che cosa abbia potuto fare il suo ragazzo di così grave da costringere il comandante a telefonare a casa. “Signora, buongiorno. Mi permetto di disturbarla perchè avrei bisogno di un favore da lei e da suo marito”. “Mi scusi, mio figlio ha combinato qualcosa?” “Assolutamente no, anzi”. Quando tornerà in licenza, vi chiedo cortesemente di provare a convincerlo a restare qui ad Aosta come istruttore e membro della squadra atleti”. Luciana può tirare un sospiro di sollievo. “Sa signora”, continua l’ufficiale “noi non possiamo più obbligae gli allievi a fare questo tipo di scelta. Gli ho proposto di rimanere alla Scuola Militare Alpina perchè, entrando nel nostro gruppo sportivo, avrebbe la possibilità di fare attività a livello quasi professionale, girando il mondo; con un po’ di fortuna potrebbe anche diventare qualcuno. Lui però non si è dimostrato molto dell’idea, anzi: mi ha risposto che arrampica per sé e non per esibilizione e che se avesse voluto gli applausi avrebbe scelto un altro sport. Signora, glielo dico chiaramente, mi ha lasciato senza parole…”. Luciana conosce bene il suo ragazzo e sa che se ha preso una decisione non saranno sicuramente loro due a fargli cambiare opinione; in ogni caso “ambasciator non porta pena” e, quando Marcello (papà di Lomasti n.d.r.) rientra a casa, gli riferisce la telefonata. Il marito non riesce a trattenere un sorriso. “E chi lo gira l’Ernesto? Se quello non vuole, non c’è verso di convincerlo…”. Dopo un’altra dura giornata di viaggio sulla Bettina, Ernesto raggiunge casa alle prime ore del mattino. L’indomani durante il pranzo, i genitori cercano l’occasione giusta per parlargli del suo futuro dopo il corso; pur sapendo di avere poche possibilità di successo si sono impegnati con il comandante a fare almeno un tentativo. Luciana priva a rompere il ghiaccio. “Allora come ti trovi lì ad Aosta, va tutto bene?” “Si…” “Ma come, non ha niente di più da dire, da raccontare?” “No…” Ernesto, se non vuole, non è un brillante conversatore; non aiuta il fatto che, ovviamente, ha giò capito dove vogliono andare a parere i suoi… A quel punto prova ad intervenire Marcello. “Ma come, chiama a casa nostra il comandante della Scuola e tu non hai niente da dirci?” “Tanto meglio allora” Se vi ha già telefonato lui, non occorre che io aggiunga altro. Nella squadra atleti non ci vado e basta”. Argomento chiuso. Si gode il resto della giornata e l’indomani, sereno come era arrivato, riparte per la Valle d’Aosta. dal libro “Non si torna indietro – la storia di Ernesto Lomasti” di Luca Beltrame |
Penso che nessuna via, nemmeno la più difficile, può donarti la stessa gioia che ti rimane nell’aver aiutato una persona in montagna: sicuramente un privilegio degli uomini del Soccorso Alpino e di chiunque sia disponibile a vivere quest’esperienza: quando si salva una vita, si salva il mondo intero! Giuliano Stenghel |
Prego Iddio, quello in cui zia Pia crede e che io ricerco ancora, che renda meno pesante la natura della morte, che a me farebbe gridare con gli occhi. Prego Iddio che non mi renda insensibile alla morte degli uomini, al dolore, alle loro crisi ed ai loro problemi: che senta sempre che con un uomo che che se ne va, se ne va una parte di me ed io mi sento dunque diminuito nella mia essenza. Franco Gadotti |
Come lo studio assiduo delle tecniche pianistiche non è sufficiente a creare il pianista, così nessuna scuola di alpinismo può formare un alpinista. Alpinisti si nasce. Il vero alpinista ha l’istinto per la mossa giusta, per la soluzione elegante di ogni nuovo problema; non sale la montagna di forza, ma compie senza fatica apparente un balletto aereo là dove il rocciatore inesperto e non dotato ansima e sbuffa per vincere l’attrito dovuto al timore, che gli tiene il corpo incollato alla parete. Non intendo dire che non si debbano studiare le tecniche moderne di arrampicamento: tutt’altro, anche perché, come quelle sciistiche, molto sono quasi contrarie all’intuizione e solo di rado potrebbero essere scoperte istintivamente da un alpinista medio. Chi mai avrebbe detto che per scalare una parete verticale è più facile afferrare gli appigli tenendo le mani vicine e i gomiti sporgenti lateralmente, con il corpo incurvato per quanto possibile all’infuori? Imparare queste raffinatezze e migliorare la propria tecnica è la ricompensa che si ricava nel fare il secondo a un grande rocciatore. Per di più, l’arrampicata di un grande alpinista è di una tale perfezione estetica da dare gioia a chiunque lo guardi.o di vita. Mario Salvadori in “Addio alle crode” |
La montagna è un bellissimo sasso ma ciò che puoi spremere da esso, e in particolare il ritorno alla vita vera e ai suoi valori contano molto di più… e non rischi il collasso! Don Agostino Butturini |
L’alpinista sogna di ghiacci, di neve, di roccia: sogna i monti che violenti ed erti balzano nell’azzurro del cielo. Sogna di ore in cui lottando cerca la sua via alla cima, di quegli istanti nei quali ha sotto i suoi piedi il mondo e resta soltanto sopra di lui l’infinito… Friz Kasparek (primo salitore della parete nord dell’Eiger) |
Il viaggio non finisce mai. Solo i viaggiatori finiscono. E anche loro possono prolungarsi in memoria, in ricordo, in narrazione. Quando il viaggiatore si è seduto sulla spiaggia della sabbia e ha detto: “Non c’è altro da vedere”, sapeva che non era vero. Bisogna vedere quel che non si è visto, vedere di nuovo quel che si è già visto, vedere in primavera quel che si è visto in estate, vedere di giorno quel che si è visto di notte, con il sole dove la prima volta pioveva, vedere le messi verdi, il frutto maturo, la pietra che ha cambiato posto, l’ombra che non c’era. Bisogna ritornare sui passi già dati, per ripeterli, e per tracciarvi a fianco nuovi cammini. Bisogna ricominciare il viaggio. Sempre. Il viaggiatore ritorna subito. Josè Saramango |
Don Juan racconta a Castaneda che se si vive soggiogati dall’Io si rischia di vivere una vita intera sulla difensiva o sull’attacco. Si finisce per essere costantemente imbrogliati o forzati a commettere atti stupidi che fanno sprecare forza. Ci ho messo 35 anni per abbandonare l’idea di essere migliore degli altri e per rendermi conto che gli esseri umani sono interdipendenti: ciascuno ha un valore che non si può determinare a suon di paragoni. Arno Ilgner in Rock Warrior’s Way |
Un principio importante per Acquisire Consapevolezza è scindere la propria autostima dalla prestazione. La vostra prestazione in certi giorni sarà migliore, in altri peggiore, a seconda del tono muscolare arrivati al passo chiave, della temperatura della roccia o della musica che avete ascoltato in macchina in viaggio verso la falesia. Tutto questo non ha niente a che vedere con l’autostima. Il successo è appagante, ma non ci permette di aumentare la nostra forza, indipendentemente da quello che ci suggerisce il nostro Io. Se cercate una fonte più copiosa ed autentica rinunciate a fattori esterni come i paragoni e il successo. Dovrete guardarvi dentro e aprirvi all’apprendimento. Arno Ilgner in Rock Warrior’s Way |
S’era davvero levato il vento. Forte, fresco, fragrante, fischiava negli interstizi delle lamiere del tetto e le faceva vibrare. Ancora insonnolito, mi alzai e mi affacciai al finestrino. Appoggiai la fronte alle sbarre. Fuori il mondo dormiva placido nella notte lunare. Sull’orizzonte dominava, circonfusa di stelle, l’aerea cuspide del Batian. Era talmente lontana, fredda, impassibile, come se noi non l’avessimo mai tentata, come se mai avessimo bevuto attraverso il ghiaccio l’acqua gelida nata dal suo grembo, come se mai avessimo ascoltato le sue voci misteriose e raccolto i suoi estremi elicrisi. Sembrava più bella che mai, forse perché non l’avevamo vinta. “Non può esser vero” mormorai tra me e me, “deve essere stato tutto un sogno”. Ma una nuova folata di vento, aspra e viva, fischiò tra le lamiere. Veniva proprio dal Monte Kenya, vento delle altezze. Non sapevo se sognavo o ero desto, perché sembrava mi dicesse: “No, non è stato un sogno: ma una realtà, più bella del più bello dei sogni. Siete rientrati in mezzo a quegli uomini dalla giubba col marchio del rombo nero che vivono da anni nei reticolati guardati dai Kikuyu, col sistema nervoso scosso da guerra, prigionia e terribili notizie, uomini che soffrono silenziosamente, amano disperatamente, sperano vorticosamente. Siete sì tornati tra loro, ma non siete più come loro. Condividete ansie e pene e speranze, ma avete una risorsa, una forza in più. Perché insieme alla fiducia in voi stessi, avete ritrovato lassù, nel regno della bellezza e del silenzio dei 5000, quella facoltà di meravigliarsi, quell’umiltà, quella freschezza di sentimenti, quel rispetto augusto che è fonte di tutto ciò che è nobile all’uomo. “Avete conquistato in quella solitudine una ricchezza immensa che nessuna perquisizione vi potrà mai sequestrare e che conserverete doveste campare mille anni”. “Quel mondo di fascino continuerà a vivere in voi: i laghi di verde smeraldo; il cielo così cupo allo zenit da essere quasi nero e che sfuma d’azzurro sopra l’orizzonte delle pianure infinite; le rapidissime tramutazioni di forma e di colore delle nubi; il sapore delle acque ghiacce; il suono delle campane nella nebbia; gli irreali seneci incappucciati di neve; i fiori smaglianti dei prati alpestri; il profumo delle lobelie e della resina delle eriche; i segreti degli elefanti; il ritmo disuguale ed armonico dei picchi e delle creste; gli spazi immensi, l’aria di libertà e d’indipendenza del mondo”. “Lassù da numeri siete ridiventati uomini. E quella bandiera sul Lenana rimarrà per voi un simbolo, non solo della vostra Patria, ma di volontà contro il subire, di attività contro l’inerzia, di libertà contro il livellamento”. “Si, vento delle altezze” mi venne da rispondere “tu non cadrai mai nella nostra anima. Tu ci hai liberato dalle vili nostalgie; ci hai insegnato a vivere né senza il presente, ne contro il presente ma anche col presente, inquadrato in tutto il tempo, miracolo continuato, dove nulla è assurdo, ma tutto ha un senso, un valore, se posto nella giusta prospettiva, col punto di fuga all’infinito”. “Vento delle altezze, tu ci hai portati alla riconoscenza per tutto il tempo, anche per la prigionia, sicché quando sarà finita e guarderemo indietro questa deprecata vita fra reticolati, forse ci accorgeremo che essa ha avuto un significato che oggi ci sfugge o può sembrare paradossale: come senza le tenebre non vi sarebbe luce”. “Vento delle altezze, spalancaci il futuro! Come ci hai fatto piegare su quanto v’era di più profondo in noi, per darci la forza di sopportare il reticolato, dacci il coraggio, deciso, duro, sereno, di affrontare il domani, di creare il domani, ogni domani che canto di gallo ci annunzierà, tutti i domani, dei quali non vediamo la fine”. Si, molte cose mi pareva di comprendere e mi sembrava che non ci fossero più sbarre né reticolati al mondo che tenessero… “Sss…” fischiò il vento, e come nelle fiabe aggiunse, sussurrando: “Quello che avete appreso quassù dei meravigliosi segreti del monte, conservatelo per voi. Non raccontate nulla ad anima viva”. Io invece, testardo, ne ho scritto un libro. Felice Benuzzi da Fuga sul Kenya |
Alpinisti si nasce, come si nasce navigatori o poeti. Riccardo Cassin |
Meglio un chiodo in più che una vita in meno, soprattutto se la via è la mia. George Livanos |
Un alpinista non arriva mai veramente in cima ad una montagna. Nello stesso momento in cui il piede tocca la cima, prima ancora che la tensione si sciolga, la mente è già partita… verso un nuovo progetto. Stefan Glowacz |
Il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre ma nell’avere occhi nuovi. Marcel Proust |
Se mi fosse dato di vivere senza la possibilità di sognare e di lottare per un sogno, bello quanto inutile, sarei un uomo finito. Giusto Gervasutti |
Chi si da all’alpinismo con i soli muscoli si ritrarrà da esso dopo pochi anni. Chi è alpinista col cervello e col cuore saprà trovarvi valori tutta la vita, tanto da giovane quanto da vecchio. Karl Gutcher Von Saar |
Solo l’uomo cammina ai confini di ciò che non ha confini, sa vedere il mistero, ascoltare il silenzio, esprimere l’infinito! Eraclito |
In montagna ci si va per essere liberi. Senza la libertà l’alpinismo non esiste più. Bruno Detassis |
Ci sono giorni che ti restano dentro, giorni lontano da tutto, dai gusti di tutti, giorni agrodolci, in cui fatichi come un cane, ma che ami per l’opportunità che ti danno di vivere certe emozioni e di vedere certi colori. …Questi due giorni sono stati così per me. Il mio desiderio è ora quello di riuscire a trarre dalla quotidianità la medesima intensità di sensazioni… (E.A.) |
Se mi fosse dato di vivere senza la possibilità di sognare e di lottare per un sogno, bello quanto inutile, sarei un uomo finito. Giusto Gervasutti in Scalate sulle Alpi |
Ho sempre avuto il culto dell’immaginazione, del sogno. Quante volte il professore mi sorprese, lo sguardo errante fuori dalla finestra, intento a seguire un gioco di nuvole così belle di fronte alla noiosa esposizione del programma scolastico! Per me la vita è sognare e combattere per la realizzazione del sogno, perchè i sogni sono il lievito della vita e lottare per realizzarli è la vita stessa. Che cosa vi è di più bello che sognare ad occhi aperti! Nel cielo, reso straordinariamente limpido da un forte vento, il sole sta terminando il suo viaggio e scompare dietro le vette nevose delle alte montagne, o s’immerge nel mare. Il piccolo uomo segue le ultime fasi della scomparsa del supremo regolatore della vita; il suo sguardo affascinato non può staccarsi dalle delicate tonalità del fenomeno celeste, dalle luci crepuscolari: verde… violetto… sottilissime strisce rosse… cirri esilissimi… dorati. Ma, tra la sinfonia delle luci e l’animo dello spettatore, entra in vibrazione una strana armonia. E l’uomo si sente di colpo sbalzato in un’atmosfera irreale mentre strani desideri cominciano a martellargli nel petto: vorrebbe muoversi, agire, compiere grandi impresem fare cose mai osate o sognate; oppure fondersi e svanire con quelle luci. Una forza ignota si impadronisce di noi, una forza ignota ma benigna poiché, dinnanzi a questi spettacoli che con la loro sovrumana bellezza, con la loro trascendentale realtà ci narrano il mistero e la grandezza di una Forza Onnipotente, ci spinge, in armonia con la natura, a manifestare la nostra capacità: anche in noi arde una scintilla di quella infinita Potenza che ci accomuna con la natura. Giusto Gervasutti in Scalate sulle Alpi |
Belle sono le grandi avventure sulle pareti immense, in piena solitudine: la lotta silenziosa ha inizio; l’uomo, quando ha di fronte la natura, ha di fronte se stesso e la battaglia si sublima. Si sublima per la spaventosa intensità della lotta che completamente la assorbe, per il contrasto delle forze impegnate. Circondato dai giganti di pietra, in una solitudine immensa, egli attacca la parete: gli infiniti occhi della natura guardano quest’uomo che ha tanta audacia da elevarsi sull’umano. La sua volontà, i suoi sentimenti, lo hanno posto sulla bilancia del Fato in un’alternativa di eroismo e di morte. Non fanfare, non applausi, non incitamenti lo spingono; solo una grande volontà di combattere. Lo spirito si innalza nella lotta, si purifica nello sforzo e, nei muti colloqui con il sole i venti e le stelle, ritrova la sua libertà. Allora l’uomo è fuori dalla mollezza dei sacrifici quotidiani. Respira la sua vera vita. Quel bisogno di eroismo, oscura la forza millenaria che dal tempo degli eroi greci lo ha sempre tormentato, si soddisfa sui precipizi, nei canaloni, nel morso del gelo… Giusto Gervasutti in Scalate sulle Alpi |
Se non ci fossero le montagne, la superficie della terra sarebbe completamente piatta e le acque dei mari la inonderebbero affluendo da ogni lato. Zakariyya Ibn Muhammad al-Qazwini |
Chi non ha imparato a morire non sa vivere. Libro funerario tibetano |
Respirare liberamente e sentire il corpo più leggero e lo spirito più sereno in cima alle montagne, dove l’aria è pura e rarefatta dipende esclusivamente da noi stessi. Jean-Jacques Rosseau |
Paul Preuss arrampicava così, come un uccello vola ed un pesce nuota. Arrampicare gli apparteneva quanto il respirare. Paul Jacobi |
Montagne. “La conquista dell’inutile”. Non c’è nulla da conquistare, c’è qualcosa da ammirare. Montagne. “La vittoria sulle montagne”. Non c’è alcuna vittoria, c’è il profondo rispetto per la montagna e i suoi segreti. Montagne. L’ultimo luogo selvaggio sulla nostra terra. La nostalgia della nostra civilizzazione. Montagne. Vengono misurate, adagiate nell’acciaio, cartografate, usate. Montagne. Manterranno il loro segreto. Franz Leander Neubauer |
E’ indifferente quale montagna si salga, dalla cima si avrà sempre una visuale più ampia. Cosa si cerchi lassù non lo so. La verità è talmente complicata che nessuno la comprende. In realtà la montagna è solo un traguardo nominale, ciò che conta sono le ore, i minuti, i secondi e come vengono trascorsi. I miei problemi non saranno più gli Ottomila e l’ottavo grado. L’arte di scalare le montagne, questo sarà il mio obiettivo. Reinhard Karl |
Per quanto possa sembrare spaventoso, ora so che soccorrere qualcuno procura una profonda soddisfazione, un senso di supremazia nei confronti di qualcun altro. Reinhard Karl |
Reinhard Karl non possedeva la forza visionaria di Reinhold Messner per quello che concerne lo sviluppo dell’alpinismo e non era un talento naturale come alcuni arrampicatori. Dovette conquistare i suoi successi, lottare contro le innumerevoli piccole paure che sul Cerro Torrem per esempio, si coalizzarono improvvisamente in un enorme terrore. Questa non è certo una situazione rara, solo che prima di Karl nessuno era riuscito ad esprimerla in maniera così efficace. “La paura che mi aveva permesso di realizzare così tante cose […], in retrospettiva si rivelò come un enorme elemento creativo, poichè chi ha molta paura ragiona molto. il coraggio è spesso solo stupidità o costrizione. dal Libro “Reinhard Karl – Senza Compromessi” di Tom Dauer |
Tutto è solo un allenamento in funzione di cose più grandi, più dure e più difficili! Hermann Buhl |
Se ci si prefigge l’impossibile si ottiene il possibile. Reinhard Karl |
Fotografare montagne significa creare fotografie da cose morte. Ma l’alpinismo era la mia vita. La montagna era per me la dimostrazione che potevo abbandonare le pianure. Con l’aiuto della fotografia ho imparato a vedere. In cima non c’è solo la vetta, vedevo che da lassù c’erano infinite vie diverse per scendere a valle. Dopo ogni cima tornavo a valle diverso. Reinhard Karl |
“Perché vengo a rischiare così facilmente la mia vita, quando potrei starmene tranquillamente a casa? Lo stesso istinto che mi spinge a sfidare la morte per amare la vita, a cercare il freddo per amare il caldo, a stare da solo per amare la compagnia, a sopportare la fatica per amare il riposo, a salire una cima per il suo versante più difficile per amare il più facile…” Ernesto Lomasti |
Arrampicare insieme è come fare l’amore: non si può fingere, non si può nascondere la vera personalità; salta fuori l’essere intimo della persona; senza bisogno di parlare si liberano tutti i sentimenti, tutte le emozioni. Si può capire un individuo dal suo modo di arrampicare come dall’analisi grafologica della sua scrittura, dal suo tema astrale, dal sangue, dall’elettrocardiogramma… Ci si può mostrare come si vuole, ma arrampicando non si nasconde più niente, vengono a galla l’insicurezza e la paura o la tranquillità, l’egoismo o la generosità. Arrampicare è un problema, insieme fisico e psichico, che bisogna risolvere da soli, ognuno per sé, con la propria mente e il proprio corpo, ma in più condividendo tutto con il compagno di scalata: esattamente come fare l’amore. Tra compagni di cordata nasce un’intimità intensa. L’amore non è necessario, ma sono indispensabili il rispetto, la fiducia, la stima, il capirsi senza dover parlare, il saper intuire, il conoscere le reciproche forze fisiche e soprattutto mentali. Anna Lauwaert in La Via del Drago |
In quelle poche ore ho vissuto un concentrato di esperienza umana: la solitudine, la solitudine fondamentale dell’uomo… La montagna ne è la migliore rivelatrice ed è questo il suo fascino: ci si trova da soli davanti ai problemi da risolvere, nessuno può aiutarti, non c’è altra soluzione che continuare. Non ci si può fermare, chiedere aiuto, piangere, tornare indietro, far fare le cose ad un altro o fuggire. Volenti o nolenti, si deve andare avanti, salire, uscire dalla via con le proprie forze, ognuno per sé, da soli. In montagna non si può fare finta, non si può barare; così come non può farlo il navigatore solitario che sta solo nella grandiosa solitudine dell’oceano. Nella vita quotidiana siamo illusi dalla presenza ‘degli altri’; non vogliamo nemmeno riflettere, per non riflettere ci lasciamo ipnotizzare da mille sotterfugi, ma nella realtà siamo terribilmente e irrimediabilmente soli. Soli quando nasciamo, soli quando dobbiamo affrontare e risolvere le difficoltà della vita, soli quando soffriamo, soli quando capiamo quanto soffriamo, soli infine quando moriamo. Anche se circondati da tante persone. La montagna insegna a prendere coscienza della propria solitudine, a valutare le proprie forze, a gestire paure e debolezze, a camminare malgrado tutto, perché non c’è altra soluzione. La montagna è un grande implacabile maestro. Anna Lauwaert in La Via del Drago |
L’esperienza mi ha insegnato che esistono due tipi di persone: quelle che valgono la pena e le altre. Non è una questione di soldi o di posizione sociale, ma di valore personale: ho incontrato ovunque persone meravigliose e altre che erano ignoranti nonostante i diplomi, i titoli e i ‘posti importanti’. Non sono mai stata molto brava a nascondere i miei sentimenti e col tempo mi è diventato sempre più difficile vivere con i meschini, gli invidiosi, i vanitosi. Aver vissuto con persone come Claudio Barbier, Benvenuto Laritti, Ceci Polazzon e Almo Giambisi ha alzato il livello dei miei criteri. Anna Lauwaert in La Via del Drago |
La montagna è una febbre che ti prende da giovane e ti resta dentro, anche se il mondo va cambiando intorno a te, anche se i muscoli un giorno dicono basta e la famiglia reclama i tuoi spazi, e forse altre ragioni di vita meno egoistiche e più nobili vengono a sovrapporsi nel corso del tempo. Nonostante tutto alpinisti si resta, e da alpinisti, fino all’ultimo, si continua ad osservare le montagne con sguardo obliquo, cercando vie di salita, vagliando i colori e la grana della roccia, soppesando le condizioni del ghiaccio nell’algida luce di un’alba o nel riverbero di un tramonto. L’attaccamento alle pareti non si misura con gli anni e forse nemmeno con l’azione. Si misura con la passione. Questo è il fantastico, enigmatico, umanamente folle e follemente umano fascino della montagna, dove non ha senso ciò che si vede, ma solo quello che non si vede. Quella fiammella che gli alpinisti si portano dentro cercando di non scottarsi troppo. Enrico Camanni |
Dopo la Patagonia il nonno ha viaggiato ancora in Groellandia e nel Caucaso, continuando a esercitare la professione di guida alpina e maestro di scuola. Dicono che ai suoi alunni insegnasse la vita; li faceva cantare in classe, li portava in montagna, mostrava loro le bellezze e i pericoli della nostra terra. Dicono anche che fosse un uomo burbero, ma io lo penso affettuoso, lo ricordo così. […] Quel giorno tornavo a piedi dall’asilo correndo per la solita strada e quando spalancai la porta di casa percepii subito che qualcosa era successo. Nella mia innocenza speravo solo di non aver combinato un guaio, ma quando i genitori mi spiegarono che nonno non ci avrebbe più fatto visita, capii che questa volta le mie marachelle non c’entravano. Qualcosa di più grande era accaduto. Non conoscevo ancora la differenza tra vita e morte, il senso del lutto e il dolore che questo evento lascia per sempre nelle nostre vite. Hervé Barmasse in La montagna dentro |
In breve capisco che la bella vita dà tanto e prende di più, segna il fisico inesorabilmente, è un gorgo dorato che culla e blandisce. Non sei più tu a decidere, è lei che sceglie per te. Quando ti volti indietro, vedi solo notti e giorni troppo uguali e anche se non riesci più a distinguere una sera dall’altra, alle sette del mattino devi essere sempre pronto a ripartire per un altro giro di giostra. E se il “parco divertimenti” di Cervinia non basta, allora si prende l’auto e si fa una corsa in Liguria per scambiare la montagna con il mare, il Cervino con Portofino, ma è solo notte, indifferente, senza un fine e senza gloria. Hervé Barmasse in La montagna dentro |
Aveva ragione mio padre, e sullo Scudo me ne rendo conto. La vera difficoltà è dentro di noi, la parete viene dopo. Anche il rapporto con il compagno di cordata influisce sull’esito della scalata molto più degli ostacoli tecnici, dei pericoli e degli imprevisti. In lui riponi la tua fiducia, metti la corda nelle sue mani. In cordata non si bara: non puoi fingere simpatia e stima se non le provi veramente. Per fortuna oggi ho il compagno giusto e la testa in quadro: siamo invulnerabili. Roccia calda, cielo blu e un solo obbligo: divertirci. Hervé Barmasse in La montagna dentro |
Cerco nello zaino il mio naso da pagliaccio. Lo metto e mi faccio scattare la foto di vetta. Mi piace smitizzare la serietà che aleggia tra gli scalatori. Un modo di prendermi in giro e ricordarmi che siamo solo alpinisti e le sorti del mondo non dipendono dalle nostre azioni. Il panorama è emozionante, sconfinato sulle cime più alte del Karakorum. Peccato assaporarlo solo per pochi attimi, veloci cominciamo la discesa. Hervé Barmasse in La montagna dentro |
Le montagne, come i mari, i fiumi, le foreste, i deserti, sono i nostri terreni di gioco. Gaston Rebuffat |
Ebbi difficoltà a prendere il mio primo respiro. Mia madre, Terry, rischiò di morire quando mi diede alla luce. Se è vero, come dicono alcuni, che finiamo così come abbiamo cominciato, allora lascerò questo mondo tentando di aggrapparmi a qualcosa con le unghie e con i denti, e rischiando. Va bene così. La vita è fatta di rischi e di ricompense. Meglio sapere di aver lottato, di aver tentato, piuttosto che aver rinunciato del tutto a un’opportunità. Lottando sono venuto al mondo, e lottando probabilmente me ne andrò. Tommy Caldwell in Push |
“Ehi, Tommy. Dai, bello. E’ ora di alzarsi.” Gli occhi assonnati, riesco a malapena a distinguere il viso di mio padre, al buio. Mi dà una scrollata alle gambe, e una carezza veloce. Il suo corpo sfocato si allontana, e un attimo dopo i miei piedi sono sul pavimento freddo. Sono le due e un quarto del mattino. Sento il cuore che accelera. Di fronte al water, mi metto quasi a saltare da un piede all’altro, come se volessi far uscire tutta la pipì più in fretta. Fatta. Mi do una scrollatina e torno di corsa in camera. Lo zaino, che ho riempito la sera prima, è sulla scrivania. Ho preparato anche i vestiti, che adesso mi infilo. Scendo in fretta al piano di sotto ed esco nel vialetto. La portiera della Nissan Sentra di papà, vecchia e arrugginita, sbraita scontrosa e oppone resistenza. Una volta nell’abitacolo, la nuvola che si leva da un’enorme tazza di caffè nero indica che sta cominciando una nuova avventura. Sento ribollire lo stomaco, è un misto di anticipazione, mancanza di sonno e paura di non essere all’altezza della sfida, e della fiducia, di mio padre. Tommy Caldwell in Push |
Saremmo rimasti ostaggi per tutta la vita. Ma mentre guidavamo Abdul e Su per i pendii sentivo Singer che complottava, lo sentivo parlare con Dickey per decidere come sbarazzarci di loro. Quando? Ora! Fallo! Malgrado le mie incertezze, in una cosa avevo una fiducia totale: nella mia capacità di sopportazione. A quanto pareva, reggevo più di altri. E non avevo paura della morte. E’ così da sempre. Ho paura di perdere le persone che amo, ma la morte in sé non mi fa nessun effetto. Alla fine, accettai la realtà: la violenza, che detestavo con tutto me stesso, era la nostra unica via d’uscita. E poi mi resi conto di un’altra cosa ancora: nessun altro l’avrebbe fatto. Tommy Caldwell in Push |
Riattaccai. Da un angolo dell’ufficio mi giunse la voce eccitata di Singer, che stava raccontando alla madre cos’era successo. Mi sembrò di sentire qualcuno che stava parlando di un film d’azione, magari di una vecchia pellicola di Jean-Claude Van Damme. Una piccola parte di me avrebbe voluto possedere l’entusiasmo quasi fanatico di Singer, e la sua stessa capacità di considerare quello che avevamo passato come un’avventura emozionante. Invece, riuscivo solo a provare tristezza. Per aver dovuto uccidere un uomo. Volevo solo voltare pagina, e andarmene da lì. Tommy Caldwell in Push |
Poi arrivò una telefonata. Era la donna che aveva cercato di scrivere la nostra storia per venderla a Playboy, e che, con il marito, aveva fatto di tutto per smascherarci come imbroglioni. Mi disse che Su era vivo, e che era in carcere in Kirghizistan. La mia prima reazione fu di incredulità. Poi sopraggiunse la rabbia. Nonostante fossi convinto che tutte le persone fossero essenzialmente buone, pensai a un complotto volto a sostenere i progetti di quei due. Chiamai Greg Child, che fece qualche ricerca riguardo alla dichiarazione di quella donna, e scoprì che era tutto vero. Su era vivo. Noi quattro non riuscivamo a crederci. Io, Dickey e Singer l’avevamo visto colpire la cengia, e poi sparire nel vuoto. Nessuno sarebbe sopravvissuto a una caduta simile. E invece, in qualche modo, Su se l’era cavata. Se lo chiedeste ai miei genitori, oggi, vi direbbero che il momento in cui appresi che il nostro rapitore era ancora vivo segnò il mio ritorno alla vita. Io però ne ho un ricordo diverso. Provai sollievo, certo, ma quella scoperta non cambiava il mio tormento interiore: sapevo di essere capace di uccidere. Tommy Caldwell in Push |
La conversazione si spostò sulle mogli. Jim mi raccontò di Joanna, ex triatleta che aveva partecipato all’Ironman. Mi disse come da campionessa mondiale si fosse ritrovata a combattere contro il cancro. Quando parlava di lei, la sua voce assumeva un tono più dolce. Era piena di ammirazione e di compassione, e mi colpiva il fatto che non fosse tenero nonostante la sofferenza nella loro vita, ma proprio per quella. La loro sembrava una relazione vulnerabile, impegnativa e assolutamente gratificante. “Sai, Tommy, a un certo punto mi sono reso conto che non può essere il mio lavoro a renderla felice. Che dipende da lei”. Provai l’impulso improvviso di correre a casa per dire a Beth quanto fossi dispiaciuto per averla sottoposta a tanta pressione. Per tutti quegli anni mi ero sforzato di aiutarla a trovare un po’ di felicità, ma forse le mie aspettative avevano avuto l’effetto opposto. Se si fosse fatta carico della sua felicità, forse le sarebbe stato più facile amarmi. Tommy Caldwell in Push |
Beth e io esitammo, litigammo, facemmo la pace. Sei volte in sette mesi feci il tragitto di ventitré ore tra Colorado e California. Lavorai sul fatto di stare solo, e cercai di capire che essere soli e sentirsi soli sono due cose differenti. Mi sentivo fiducioso quando arrampicavo, ma la sensazione di valere qualcosa e la sicurezza in me stesso sembravano sempre limitarsi a quell’ambito. Cionondimeno, cominciavo ad apprezzare la mia nuova libertà. Tommy Caldwell in Push |
Da tempo credevo che l’intensità e l’impegno dell’arrampicare con qualcuno creino un’intimità che è rara nel mondo odierno. Ciascuno dei partner che avevo avuto in passato si era portato via un pezzetto di me, e io avevo preso un pezzetto di ognuno di loro. Tommy Caldwell in Push |
Lo sforzo era stato enorme. Ma, per dirla con parole semplici, il nemico peggiore era stato l’aver pensato troppo. Più tempo, più esercizio, più esperienza e avremmo arrampicato seguendo di più l’istinto. Avremmo imparato. Senza più il peso sulle spalle, sperammo che la volta successiva sarebbe andata diversamente. Avevamo fallito molte volte in passato, e sapevo che avrei fallito ancora. L’esperienza e i miei mentori mi avevano insegnato che, se fai le cose bene, il fallimento diventa crescita. Tommy Caldwell in Push |
Penso sempre a che genere di papà voglio essere. So che il modo migliore per dare degli insegnamenti al proprio figlio è quello di essere un esempio per lui. Per me, la Dawn Wall è il luogo d’incontro di alcuni tra i valori più importanti che voglio trasmettere a Fitz. Ottimismo, perseveranza, dedizione, la forza del sognare in grande. Ma lasciare lui e Becca a casa non è mai facile. Vi amo. Tommy Caldwell in Push |
La mia vita oggi è molto diversa rispetto a due anni fa. Il post-Dawn Wall mi ha sorpreso, e mi ha sconvolto. Tutti abbiamo una storia da raccontare, e ciascuno di noi vive trionfi e difficoltà. Attraverso i nostri racconti, possiamo dare ispirazione e conoscenza. Quindi per ora sto cercando di rendere giustizia alle opportunità che mi vengono offerte. Se prima mi concentravo su quello che avrei guadagnato grazie all’esperienza, adesso penso più spesso a quello che posso dare. Ho sempre pensato che mia realizzazione venisse dalle montagne, e che per questo l’arrampicata sia arte che mi appartiene. Ma, mentre scrivevo questo libro, ho scoperto che l’atto di creare – anche a una tastiera o davanti a un pubblico – mi ricompensa enormemente. Forse ad affascinarmi è sempre stata la soddisfazione di poter donare tutto me stesso. Forse arrampicare non era la risposta, ma il luogo in cui potevo farlo. Tommy Caldwell in Push |
Umiltà. Questa è la prima lezione che mi ha insegnato la montagna. La montagna è una maestra severa, ha modi spesso brutali. Può prendersi la tua vita o quella di chi ami, se osi sfidarla. Però in montagna ho imparato anche la perseveranza. Se non perseveri, non vai da nessuna parte, tradisci i tuoi sogni e passi il resto della vita a inghiottire rimpianti. La montagna mi chiama ogni giorno e mi dice di non mollare: nell’alpinismo e in tutta la mia vita. Fai quello che ami e fallo con coraggio. Per questo, nonostante la paura e lo sconforto, sulla Egger ci sono tornato. Matteo Della Bordella |
Credo che l’alpinismo sia la rappresentazione di un amore adolescenziale mai consumato fino in fondo, proiezione infantile di sogni, speranze, capricci, egoismi, illusioni. Per questo gli alpinisti non sono affatto persone facili, e nemmeno uomini e donne maturi. Sono al contrario “eroi” eternamente incompiuti, fanciulli mai diventati grandi, instancabili collezionisti di attimi ed emozioni che mal si compendiano con le feriali incombenze della vita quotidiana. Enrico Camanni da In su e in sé |